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Alta tecnologia contro alta burocrazia

di Carmine Fotina

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2 settembre 2009

Si può cambiare business e virare con un'intuizione dall'hi-tech all'energia rinnovabile. Oppure si può perdere la sfida con i concorrenti sul costo del lavoro e rischiare di chiudere un call center con 350 persone. Sono storie opposte, tra altre centinaia, finite all'esame del ministero dello Sviluppo economico nel momento in cui la crisi colpisce duro sull'economia reale.

Vertenze che si trascinano da mesi e che potrebbero finire con un esito diverso: la St Microelectronics che studia una joint venture con Enel e Sharp per produrre pannelli fotovoltaici; la multinazionale dei contact center Transcom che, senza accordo con il sindacato, potrebbe non riaprire il sito dell'Aquila.
A breve per le due vertenze dovrebbero arrivare sviluppi per una conclusione definitiva, in un senso o nell'altro. Decisivi gli ultimi incontri con le parti sociali e la mediazione del governo. Per i manager e i sindacalisti del sito catanese e per i loro colleghi in arrivo dall'Aquila la destinazione non cambia: Roma, via Molise 2, sede del ministero dello Sviluppo economico.

Qui la vicenda della St Microelectronics e quella della Transcom, come una lunga serie di altri casi aziendali considerati particolarmente critici, sono state discusse e ridiscusse, formalizzate in verbali che sanno un po' di burocratese ma che raccontano, come pillole di un'antologia delle relazioni industriali, il tentativo di salvare investimenti e posti di lavoro.
Nel dizionario un po' retrò delle politiche di sviluppo si ama parlare di "tavoli" ma i teorici di nuovi sistemi di contrattazione non smettono di metterne in luce la scarsa concretezza e il numero eccessivo. Solo la prova sul campo però può dire se, come nella vicenda dell'impianto catanese Stm-Numonyx, questo vecchio strumento è in grado di far svoltare in positivo una vertenza oppure, come nel caso del call center abruzzese della multinazionale Transcom, rischia di sbattere contro il muro dei no.

Il primo viaggio verso Roma inizia da Catania. Qui si studia la riconversione produttiva che trasformerà il sito ideato dalla Stm per memorie avanzate in uno stabilimento destinato alla produzione in joint venture con Enel e Sharp di pannelli fotovoltaici da vendere in tutto il sud del Mediterraneo. Mancano ancora diversi tasselli e l'amministratore delegato di Stm Aldo Romano deve perfezionare l'intesa ma al ministero dello Sviluppo economico si sbilanciano e giurano che Catania sarà una delle storie di successo di quest'autunno difficile, una ventata di ottimismo sbuffata in faccia alle cassandre del declino industriale.

Masticano amaro, invece, i sindacalisti e i lavoratori aquilani: per loro il viaggio di andata e ritorno per Roma non ha portato grandi novità. Sì, la Transcom, multinazionale dei contact center, ha accolto l'invito del ministero e ha sospeso la procedura di mobilità per i 350 dipendenti ma il barometro segna brutto. Quando gli si chiede che cosa succederà da qui a fine anno Roberto Boggio, country manager, parte a razzo con una lunga requisitoria sulle incertezze normative che penalizzano chi fa impresa in Italia e, con un tono via via più perplesso, arriva dritto al costo di lavoro: «Per noi è diventato insostenibile. La chiusura della vertenza – dice – passa esclusivamente da qui: il sito dell'Aquila può sopravvivere solo se con i sindacati troviamo il giusto equilibrio tra prezzi di mercato e retribuzioni».

Tradotto, vuol dire una drastica revisione degli accordi di secondo livello siglati dalla Transcom dopo lo sbarco in Abruzzo avvenuto nel 2000, prima che fiorissero realtà concorrenti più spregiudicate. Negli incontri al ministero, Boggio ha proposto un contenimento della retribuzione annua netta del 16,4% ricevendo il no secco dei sindacati e, a questo punto, il 7 settembre, nell'ennesimo vertice ministeriale, ci sarà un nuovo tentativo di ricomposizione, forse l'ultimo.
Con la ripresa dell'attività economica dopo le ferie il pendolo della crisi ha già iniziato a oscillare veloce tra il rilancio e la rinuncia e la doppia rotta verso Roma di Stm e Transcom assurge al rango di metafora perfetta.

A Catania c'è chi ha voglia di voltare pagina una volta per tutte, dimenticare le false promesse, i ritardi, i fondi pubblici sprecati o volatilizzati, gli slogan che dall'inglese puoi tradurre in italiano ma non nella certezza del posto di lavoro. La storia dell'impianto M6 della St Microelectronics inizia nel 2000 e in breve tempo fa il giro dei grandi media stranieri. Il sogno delle memorie flash su dimensione di 12 pollici - investimento previsto 2 miliardi di euro – mette in fermento l'Etna valley poi lentamente scolora e svanisce del tutto quando lo stabilimento, insieme a 500 dipendenti, passa con la formula della cessione del ramo d'azienda alla Numonyx, una newco in cui Stm è socio di Intel e del fondo Francisco Partners.

Nell'aprile del 2008 la Numonyx, che nel frattempo ha ereditato da Stm un contratto di programma da 463 milioni di euro, in un colpo solo lancia in Italia il motto "We are changing the face of memory" e rinvia ogni discorso sull'avvio della produzione al 2010. Potere della comunicazione: c'è lo slogan ma manca il prodotto.
  CONTINUA ...»

2 settembre 2009
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